Sottoprodotti ed End of Waste: le nuove risorse che trasformano l’Economia in Circolare

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Sottoprodotti ed End of Waste: le nuove risorse che trasformano l’Economia in Circolare

L’approccio circolare alla gestione delle risorse è la chiave per costruire un futuro sostenibile e prospero per le aziende e per il pianeta. Uno degli elementi cardine su cui si fonda il nuovo paradigma economico – sociale è l’eliminazione degli sprechi industriali, grazie all’End of Waste e ai sottoprodotti: le “nuove” risorse che trasformeranno l’economia.
In tal senso, l’Unione Europea ha stanziato decine di milioni di euro per incentivare le aziende italiane ad accelerare il cambiamento, molti dei quali ancora inutilizzati.

Questi temi rappresentano infatti per l’industria sia un potenziale enorme di business sia una sfida complessa: le norme e le direttive europee relative ai rifiuti, alla “gestione sostenibile dei materiali” e ai sottoprodotti sono in continua evoluzione e talvolta di difficile interpretazione.

Per far chiarezza sulla nomenclatura e sulla situazione normativa, contestualizzando per concrete opportunità di mercato, il 27 Luglio scorso STEP ha collaborato con tre esperti relatori alla realizzazione del Webinar: “Economia circolare. Obblighi, opportunità e casi concreti”. Con noi hanno partecipato l’avvocato ambientale Stefano Palmisano, la responsabile di CYRKL Italia Federica Savini e il co-founder di NEST, Christian Ferrarini.

Per capire cosa e come si possa definire un “sottoprodotto” abbiamo anzitutto fatto un passo indietro con l’avvocato Palmisano sino al 2008, quando l’Unione Europea nell’articolo 4 della direttiva europea 98/2008, istituì la “Gerarchia dei Rifiuti” industriali, stabilendo così una scala di priorità per la loro gestione, con l’obiettivo principale di ridurne al minimo la produzione.
Il pilastro fondante nonché primo punto della scala gerarchica è infatti la prevenzione, da cui derivano i sottoprodotti: scarti dei processi di produzione riutilizzabili in altri cicli, senza mai venir considerati “rifiuto”.
Al secondo posto la gerarchia pone il riutilizzo della più alta percentuale di materia prima possibile, seguita poi da un processo già preventivato di riciclaggio e recupero “di altro tipo”, come quello energetico. Solo in ultimo seggio si parla di “smaltimento”.

Grazie a Christian abbiamo quindi analizzato esempi virtuosi di quello che deve esser il nuovo paradigma di progettazione alla base di ogni ciclo di prodotto, mantenendo come pietra miliare la prevenzione e declinandola su tutto il Life Cycle Assessment.

Esempi di business con LCA sostenibili e circolari sono l’ecodesign e il design modulare, i quali seguono tutti i principi della circolarità: modularità nella progettazione, accessibilità nella sostituzione di componenti sempre, o quasi, riutilizzabili e infine il riciclo.
Uno dei benchmark di riferimento è MoBike, azienda cinese di bike sharing che ha progettato le proprie biciclette in modo tale che ogni singolo pezzo sia recuperabile e riutilizzabile come ricambio, per l’intera flotta. Questo è un caso virtuoso di come un’azienda che intende il suo “product as a service”, possa far collimare la Sharing Economy all’Economia Circolare.

L’Unione Europea è molto dedita al tema e, oltre ad incentivi economici concreti, aggiorna costantemente la legiferazione inerente. Dieci anni dopo aver definito la Gerarchia dei Rifiuti, nel 2018, si dota del 1° pacchetto organico denominato “Circular economy” in cui rettifica e arricchisce la normativa precedente, ridefinendola in “Gestione sostenibile dei materiali”, specifica necessaria per garantire e tutelare in maniera olistica il benessere umano e la conservazione delle risorse. Al suo interno viene anche definito per la prima volta in un documento europeo ufficiale il termine “Sottoprodotto”: ovvero il residuo di produzione che diventa risorsa e di conseguenza nuova materia prima, ad esempio in ambito di “Simbiosi industriale”.

Nel quadro gerarchico menzionato in precedenza, il passaggio dalla fase di “Prevenzione” a quella del “Recupero” implica che il bene venga assimilato allo status di rifiuto, il quale seguendo i criteri stabiliti dall’approccio denominato End of Waste (fine dello status di rifiuto), può acquisire nuovamente valore come “materia prima seconda”, per venire poi reintegrata nei processi produttivi come risorsa.  Affinché il rifiuto possa esser reimpiegato, deve rispettare e soddisfare le condizioni stabilite proprio nella direttiva europea secondo il processo dell’”End of Waste“. Questo concetto rappresenta un passo cruciale per l’economia circolare poiché sancisce il recupero dei rifiuti trasformandoli in risorse, riducendo così la dipendenza dell’industria dalle fonti di approvvigionamento tradizionali e tutti i costi annessi, migliorando considerevolmente l’impatto ambientale.

Durante il Webinar Federica di CYRKL Italia ha analizzato questo processo, portandoci il suo know-how e la sua esperienza diretta, esponendo anzitutto i criteri normativi che lo definiscono: l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE (Direttiva quadro sui rifiuti) stabilisce che “un rifiuto cessa di essere tale qualora sia sottoposto a un’operazione di recupero (incluso il riciclaggio) e risulti conforme a specifici criteri da elaborare nel rispetto delle seguenti condizioni:

il materiale (sostanza od oggetto) è comunemente utilizzato per scopi specifici;

esiste un mercato o una domanda per tale materiale;

il materiale soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

l’utilizzo del materiale non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.”

Con Federica abbiamo quindi visionato un case study di “End of waste” tangibile e già ottimamente avviato dalla sua società CYRKL: il riciclo di pannelli fotovoltaici e riutilizzo del vetro, di cui in gran parte son composti, come materia prima seconda in ottica di simbiosi industriale. I pannelli hanno infatti una struttura stratificata con base e apice in vetro laminato che, dopo aver superato i necessari controlli di qualità, attraverso la delaminazione meccanica viene recuperato e riutilizzato dalle vetrerie come materia prima per produrre barattoli e prodotti affini.
Questo a dimostrazione della caratteristica principe della Simbiosi industriale: è trasversale, in questo caso infatti connette filiera energetica ed alimentari.

Sottoprodotti: un cambio di prospettiva

Gli scarti di produzione diventano ora nuove preziose materie prime: i “sottoprodotti” o, come definiti dalla direttiva europea, “sostanza o oggetto prodotta/o come parte integrante di un processo di produzione (anche se non voluto)”. Affinché un materiale possa configurarsi come “sottoprodotto”, deve soddisfare quattro criteri fondamentali specificati nell’articolo 5:

È certo che la sostanza o l’oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o.

La sostanza o l’oggetto può essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale

La sostanza o l’oggetto è prodotta/o come parte integrante di un processo di produzione.

L’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

Una testimonianza preziosa sull’impiego di un sottoprodotto l’ha fornita Christian, citando un’importante azienda vinicola italiana, la quale riutilizza gli scarti degli acini d’uva come molteplici sottoprodotti.
Come già noto, il primo residuo derivante dalla spremitura degli acini d’uva è la “vinaccia”, impiegata per la produzione di distillati; ed è proprio dalla distillazione che si generano altri sottoprodotti: i “vinaccioli”, ovvero i semi degli acini, e la “vinaccia dealcolata”.
Dal primo si ottiene l’olio di vinacciolo, mentre la seconda viene reimpiegata per produrre integratori per mangime animale.
In ultima istanza, la vinaccia dealcolata viene essiccata e micronizzata fino a diventare farina: questo processo innovativo, chiamato “Crush Uva”, permette di produrre carta ecologica dall’aggiunta di acqua e fibre naturali al sottoprodotto. Questa carta viene utilizzata e trasformata ad esempio in packaging ed etichette per il prodotto stesso, il vino.
Questi sottoprodotti garantiscono un risparmio fino al 15% di fibre vergini, diventando così preziosa materia prima, 100% riciclabile. “Crash” è certificata FSC, è OGM free e contiene il 40% di cellulosa riciclata post consumo, prodotta al 100% da energia pulita.

Ulteriori esempi di sottoprodotti in chiave circolare sono quelli organici, come i derivati dalla lavorazione del caffè o dalla farina: ottime nuove materie prime per la produzione di biomassa biometano, risorse importantissime per la filiera energetica.

Oltre a teorizzare i sottoprodotti e trasformare i rifiuti secondo l’End of Waste, l’economia circolare incentiva un’altra importante opportunità: la simbiosi industriale. Pratica che consente alle imprese di collaborare e condividere risorse come i sottoprodotti, creando una rete di sinergie che riduce gli sprechi e massimizza il valore delle risorse.

L’adozione della simbiosi industriale consente alle aziende di trarre vantaggio da nuove opportunità di mercato, riducendo sensibilmente i costi operativi e migliorando il proprio impatto ambientale, contribuendo così in modo significativo a un futuro più sostenibile per tutti.