- Approfondimento
- Marzo 15, 2024
Perché dovresti considerare la dimensione sociale della sostenibilità nella tua impresa?
Il valore della Responsabilità
Sociale per le Imprese
Nel panorama aziendale contemporaneo, il concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) ha acquisito un’importanza crescente e non rappresenta più unicamente un dovere etico, è infatti fondamentale per molteplici aspetti: attrarre e mantenere i talenti, creare valore condiviso con la comunità locale e affermare il valore reputazionale del brand, ormai non più legato esclusivamente alle caratteristiche del prodotto. Ammonta a 2 miliardi e 162 milioni il totale di euro spesi dalle grandi aziende italiane in attività di Corporate Social Responsibility nel 2021 (Osservatorio Socialis, 2022), con più della metà delle imprese intervistate che dichiara di investire in attività di responsabilità sociale. Ne abbiamo parlato nella cornice del nostro Tech Park, durante il secondo incontro dedicato al tema ESG, ad approfondire proprio la dimensione Sociale della sostenibilità.
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Sostenibilità e Responsabilità: partiamo dalle origini
L’evento si è aperto con l’intervento di Marco Palamidessi, partner di Nexta Srl e presidente di FA.B.R.I. (Family Business Risorse per l’Italia). Il termine “sostenibilità” deriva dal latino “sustinere” – “sostenere, conservare, prendersi cura”, e si colloca al centro della responsabilità sociale d’impresa. Gli imprenditori sono chiamati ad “assumersi la responsabilità” delle conseguenze delle loro decisioni, orientando le strategie aziendali verso i criteri ESG. Questo approccio integrato pone la dimensione sociale in stretta correlazione con quella ambientale e organizzativa, sottolineando l’importanza del capitale umano come leva fondamentale per la creazione di valore.
Il Capitale Umano al Centro della Responsabilità Sociale
Il capitale umano, comprendente dipendenti (interno), clienti (esterno), fornitori (esterno) e la comunità allargata (esterno), rappresenta la risorsa più preziosa per la nascita, crescita e sviluppo del business. La valorizzazione di questi elementi è essenziale per trasmettere i valori aziendali e contribuire alla solidità organizzativa nel tempo. I criteri ESG, nella loro accezione integrata, hanno la funzione di ampliare la dimensione sociale nel suo rapporto attivo e passivo. In questo contesto, concetti come scopo (perché l’azienda esiste), visione (dove l’azienda si vede nel futuro), missione (business, obiettivi e approccio adottato per raggiungerli) e valori aziendali (stile e comportamenti in cui l’impresa si riconosce) assumono un ruolo chiave, orientando l’impresa verso obiettivi socialmente responsabili e sostenibili. Questi 4 elementi, se ben chiari soprattutto all’organo amministrativo, permettono di ridurre il rischio di Social e Green Washing, poiché lo sforzo dell’azienda si orienterà solo verso attività che portano benefici sia in termini sociali che economici. La sostenibilità non viene percepita più come un’attività parallela e distaccata dal core business, bensì come un’attività intrinsecamente collegata all’attività economica.
A riprova di quanto appena affermato, negli ultimi anni stiamo assistendo ad uno spostamento del focus all’interno della dimensione sociale: se prima c’era un coinvolgimento del dipendente per dimostrare all’esterno la responsabilità sociale dell’azienda (gli interlocutori esterni come soggetto dell’attività, il dipendente come “mezzo”), ora l’attenzione e gli argomenti si spostano verso la gestione del personale: il dipendente diventa il soggetto dell’attività. Gli argomenti principali riguardano:
- equilibrio tra attività lavorativa e attività personale;
- sostegno all’infanzia;
- parità di genere;
- occupazione flessibile;
- ambiente di lavoro sicuro;
- formazione.
Quest’ultima ha ottenuto nel dibattito dell’evento una particolare attenzione perché percepita come sfida del futuro: creare una sistema di long-life-learning all’interno delle aziende.
Valore per il capitale umano e valore per l’impresa
Investire nella sostenibilità sociale significa generare un impatto positivo sul capitale umano. Tra le politiche sociali introdotte dalle aziende, welfare (inteso come servizi integrativi rivolti al dipendente, ad esempio abbonamenti e assicurazioni) e well-being (inteso come politiche per la promozione del benessere psico-fisico della persona) risultano essere le politiche principali rivolte ai dipendenti, mentre la promozione di attività di volontariato quella rivolta alla comunità, nel tentativo di co-creazione di valore con il territorio. Un recente studio pubblicato da Tiresia, centro di ricerca del Politecnico di Milano, ha monitorato la dimensione sociale aziendale a livello nazionale e internazionale evidenziando che le PMI che investono in welfare più elevato generano un miglior impatto sociale sulle persone, aumentando l’occupazione giovanile e femminile. Inoltre, l’impatto positivo sulle persone è proporzionale all’aumento della produttività e del fatturato, ottenendo risultati doppi in termini di utili rispetto a chi non ha investito in welfare. Studi americani evidenziano un incremento della produttività che oscilla da un “minimo” del 15% fino ad un massimo del 30%. La spiegazione che ci dà Elga Corricelli, di LifegateWay è che “quando la persona trova il modo di dare il proprio contributo di valore, di autorealizzarsi all’interno della realtà in cui lavora, di esprimere il proprio potenziale, automaticamente è una persona migliore”.
Riguardo questa tematica, la barriera più critica allo sviluppo di una responsabilità sociale d’impresa è da ricercarsi nella visione manageriale della dimensione sociale, che spesso la associa ad un costo anziché ad un investimento che ritorna nel medio/lungo termine.
Legislazione e Normative: Una Guida verso la Responsabilità Sociale
La responsabilità sociale d’impresa è sostenuta da un quadro normativo in evoluzione, che coinvolge e coinvolgerà in Italia circa 100.000 imprese. La normativa di riferimento include la Corporate Social Responsibility Directive (CSRD), il regolamento ESRS e la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDD). Quest’ultima interessa prevalentemente il tessile, la manifattura, l’industria alimentare, l’edilizia e l’industria mineraria, obbligandole al controllo di tutta la loro catena del valore. Vediamo un esempio pratico: immaginiamo un’azienda che opera nel settore della moda e appalta la produzione di un capo in Cina; l’azienda dovrà verificare e certificare che siano rispettati standard di qualità e sicurezza, con costi operativi e legali annessi. L’aspetto rilevante di regole più chiare e omogenee è proprio l’aggiunta di elementi chiave nella scelta assunta dall’azienda: il risparmio ottenuto dal perseguire pratiche che hanno una ricaduta negativa sulla comunità, viene bilanciato dal costo da sostenere per non aver assunto una responsabilità sociale d’impresa. Diventa quindi più conveniente produrre in Italia o in un paese dove non sono garantiti alti standard di qualità e sicurezza? Queste direttive richiedono alle imprese di adottare pratiche sostenibili lungo tutta la catena del valore, incentivando un approccio responsabile e trasparente alla gestione aziendale.
Verso un Futuro Sostenibile: L’Impresa come Motore di Cambiamento
La trasformazione delle imprese in entità socialmente responsabili rappresenta un passaggio chiave verso un futuro sostenibile. Adottare un approccio basato sulla responsabilità sociale significa non solo rispettare gli obblighi normativi, ma cogliere l’opportunità di innovare e creare un vantaggio competitivo sostenibile. A rappresentanza di questa visione, abbiamo avuto le testimonianze concrete di due aziende italiane attraverso le voci di: Maurizio Zordan, presidente di Zordan s.r.l. Società Benefit e Paola Santini, Marketing Director e co proprietaria di Santini SPA. Le imprese che riescono a integrare i principi ESG nella loro strategia e cultura aziendale dimostrano di essere non solo aziende “buone” ma, soprattutto, competitive.
Ringraziamo i nostri partner: Nexta, Locatelli&Partners, Banca Aletti.